Di seguito il discorso di Emiliano Minnucci:
Grazie Presidente,
onorevoli colleghe, onorevoli colleghi,
ci troviamo oggi a discutere sull’introduzione dei reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali. Una norma già discussa e votata in Senato e che è stata attentamente esaminata nelle ultime due settimane in maniera congiunta dalle Commissioni Giustizia e Trasporti.
Non mi dilungherò troppo nello spiegare e ripetere nel dettaglio le novità introdotte dalla legge – lavoro già fatto in maniera più che esauriente dai relatori intervenuti prima di me – poiché quello che mi preme sottolineare e ricordare oggi in questa sede sono le ragioni che ci hanno portato a discutere dell’introduzione dell’omicidio stradale nel nostro ordinamento giuridico.
Come già spiegato dai miei colleghi, l’articolo 1, comma 1, della proposta di legge inserisce nel codice penale – con l’aggiunta dell’articolo 589-bis – il delitto di omicidio stradale attraverso il quale è punito con la reclusione il conducente di veicoli a motore la cui condotta imprudente costituisca causa dell’evento mortale.
In particolare, l’art. 589-bis punirà con la reclusione da 8 a 12 anni l’omicidio stradale colposo commesso da conducenti:
– in stato di ebbrezza alcolica grave (con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope;
– in stato di ebbrezza alcolica con tassi alcolemici superiori a 0,8 grammi per litro o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, laddove si tratti di persone che esercitano professionalmente l’attività di trasporto di persone e di cose.
E’ invece, punito con la pena della reclusione da 4 a 10 anni l’omicidio stradale colposo commesso da conducenti di un veicolo a motore:
– in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 0,8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l);
– che abbiano superato specifici limiti di velocità (velocità pari o superiore al doppio della velocità consentita e comunque di almeno 70 km/h in un centro urbano ovvero superiore di almeno 50 km/h rispetto alla velocità massima consentita, su strade extraurbane).
– che abbiano attraversato le intersezioni semaforiche disposte al rosso o abbiano circolato contromano;
– che abbiano effettuato manovre di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi;
– che abbiano effettuato sorpassi azzardati (sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua).
La pena è, tuttavia, diminuita fino alla metà quando l’omicidio stradale è conseguenza anche di una condotta colposa della vittima.
La pena è invece aumentata se l’autore del reato non ha conseguito la patente (o ha la patente sospesa o revocata) o non ha assicurato il proprio veicolo a motore, mentre l’ultimo comma del 589-bis prevede un aumento della pena nel caso in cui il conducente provochi la morte di più persone ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone.
Sempre l’articolo 1 introduce nel codice penale l’articolo 589-ter, che prevede una specifica aggravante nel caso in cui il responsabile di un omicidio stradale colposo, si sia dato alla fuga. In tale ipotesi, la pena verrà aumentata da 1/3 a 2/3 e non potrà, comunque, essere inferiore a 5 anni.
L’articolo 2 della proposta di legge disciplina invece – attraverso la riformulazione dell’articolo 590-bis c.p. – il reato di lesioni personali stradali e introduce di seguito nel codice penale tre ulteriori articoli.
Come per l’art. 589 bis, l’art. 590-bis sanziona in misura maggiore le lesioni personali stradali (le gravi con la pena della reclusione da 3 a 5 anni; le gravissime con la reclusione da 4 a 7 anni) provocate da:
– un qualunque conducente di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope;
– coloro che esercitano professionalmente l’attività di trasporto di persone e di cose che guidino in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
La reclusione varia invece da un anno e 6 mesi a 3 anni (lesioni gravi) e da 2 a 4 anni (lesioni gravissime), quando le lesioni derivano dalle stesse violazioni del Codice della strada individuate dall’art. 589bis e che ho elencato in precedenza.
Anche in questo caso è prevista una diminuzione della pena fino alla metà nel caso all’evento lesivo concorra la condotta colposa della vittima ed un aumento della pena nel caso in cui il conducente cagioni lesioni a più persone.
Come nell’omicidio stradale, l’articolo 590-ter introduce un’ulteriore circostanza aggravante in caso di fuga del conducente.
I 5 articoli successivi – dal 3 al 7 – della proposta si legge, come spiegato anche dai relatori, vanno ad introdurre modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al codice della strada in modo da adeguarli e coordinarli con i nuovi reati previsti, mentre l’ottavo ed ultimo articolo dispone l’entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Nell’intenso lavoro che abbiamo condotto nelle ultime settimane in Commissione abbiamo ascoltato e letto i pareri e le considerazioni di magistrati, avvocati, forze dell’ordine, associazioni di familiari delle vittime ed esperti. Un confronto ed un lavoro che ho ritenuto molto utile per approfondire tutti gli aspetti della nuova normativa e capirne la forza e gli eventuali limiti.
Sapevo benissimo, anche prima che il dibattito si sviluppasse in seno alle Commissioni, che i punti di vista sulla necessità o meno di prevedere il reato specifico di “omicidio stradale” nel nostro ordinamento erano tutt’altro che unanimi. Ancora oggi resto convinto che sarà pressoché impossibile, almeno nel breve periodo, arrivare ad una sintesi completamente condivisa da tutti gli attori in campo. Lo scambio di idee è stato – è – e sarà acceso.
Ciononostante credo fermamente che la norma in discussione oggi rappresenti una buona legge, oltre che rappresentare una buona mediazione tra le varie posizioni sul tappeto.
Una mediazione “alta”, non demagogica né pilatesca, ma in grado di rispondere con serietà ed equilibrio ad una tematica molto sentita dai nostri connazionali. Tutti, senza distinzioni.
Qualcuno ha parlato, impropriamente a mio avviso, di cedimento all’emotività dell’opinione pubblica.
A chi si è espresso in questo termini vorrei sommessamente replicare con una domanda: siamo proprio certi che il Parlamento non debba occuparsi, nella propria attività legislativa, delle grandi angosce collettive? O dei fenomeni che, in forma diretta o indiretta, sconvolgono la vita non solo di singole persone, ma anche di tantissime famiglie e, addirittura, di intere comunità?
A mio avviso la risposta a questi interrogativi non può che essere chiara e netta. Il Parlamento, così come il Governo, non solo possono, ma addirittura debbono necessariamente occuparsi e preoccuparsi di tutto ciò.
Con questa modifica al codice penale ed al codice della strada noi rispondiamo non ad una ossessione astratta di una porzione dell’opinione pubblica, ma ad un compito precipuo d4ella nostra funzione di legislatori: rafforzare la tutela di alcuni diritti inalienabili di ciascun individuo: il diritto alla vita ed il diritto alla salute.
L’Italia ovviamente non è l’unico Paese che sta affrontando o ha affrontato questo tema.
Nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi, l’omicidio commesso alla guida di un veicolo costituisce una tipologia di reato distinta e disciplinata che si configura quando un conducente guida in maniera pericolosa, definendo con precisione l’aggettivo “pericolosa”.
Per esempio quando la velocità è eccessivamente alta, distinguendo circostanze di luogo e di tempo, le condizioni psicofisiche del conducente o lo stato d’uso del veicolo.
Da quando ho assunto l’incarico di deputato e membro della commissione trasporti, uno dei temi che ho deciso di approfondire ed affrontare è stato quello la sicurezza stradale.
Una decisione che mi ha portato ad incontrare moltissime associazioni di vittime della strada ed a capire meglio la complessità del tema. Ho toccato con mano, ahimè, non solo lo strazio di chi è stato leso nel fisico, in forma diretta, dai danni, spesso permanenti, di un incidente stradale di cui è stato vittima, ma soprattutto quello, spesso ancora più doloroso, di chi ha perso un figlio o un genitore o un altro congiunto, per colpa di qualcuno che ha tenuto un comportamento omicida alla guida di un veicolo a motore.
Si è trattato di un insegnamento di vita, prima che di un contributo di merito nel dover affrontare questa tematica.
L’ultimo rapporto Aci-Istat del novembre 2014 sugli incidenti stradali nel nostro Paese – anche se rileva un trend di incidenti in calo con una diminuzione conseguente dei morti e dei feriti – conferma dei numeri che restano impressionanti, con enormi costi umani e sociali.
Basti pensare che solo nel 2013 in Italia hanno perso la vita 3.385 persone e oltre 100mila sono rimaste invalide; una media giornaliera di 9 morti e 705 feriti.
Dati che confermano la loro gravità se confrontati con gli altri Paesi europei.
La media dell’Unione Europea, infatti, è di 51,4 persone decedute a causa di incidenti stradali ogni milione di abitanti.
L’Italia con una media di 56,2 si colloca al 14° posto dietro agli altri quattro grandi paesi dell’Unione: Regno Unito, Spagna, Germania e Francia che riescono quindi ad essere più “virtuosi” di noi.
Se prendiamo poi in considerazione i valori assoluti, il nostro Paese è addirittura il primo in classifica per numero di vittime causate da incidenti stradali ogni anno: 3.385, seguiti dalla Polonia con 3.357, dalla Germania con 3.354 e dalla Francia 3.250.
Le statistiche a livello europeo rilevano inoltre che i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni sono quelli per i quali è più elevato il rischio di provocare o subire un incidente e le stime più recenti riportano che il 25% degli incidenti per i giovani compresi tra i 18 e i 24 anni sono attribuibili ad alcol.
L’Istituto superiore di Sanità (ISS) stima che gli incidenti stradali correlati all’alcool in Italia siano pari al 30-35% degli incidenti mortali: dunque nel nostro Paese il numero di vittime al volante a causa dell’abuso di alcol si attesterebbe a circa 1.100-1.300 l’anno.
Dati che ci fanno ben comprendere la gravità della situazione nazionale ed il contesto nel quale noi che abbiamo la responsabilità legislativa ci siamo trovati a dover prendere delle decisioni.
La nuova normativa non va a stravolgere il codice penale né il codice della strada, ma si limita ad individuare pene più certe e severe per coloro che provocheranno incidenti mortali a causa di condotte gravi, partendo dal presupposto che chi si mette alla guida in stato di ebbrezza, o sotto l’effetto di stupefacenti o si rende responsabile di azioni imprudenti o sconsiderate abbia una colpa “aggravata” dalla propria irresponsabilità.
Ovviamente nessuno di noi si illude che con la semplice introduzione dell’ “omicidio stradale” si risolveranno tutti i problemi relativi alla sicurezza delle nostre strade.
Misure di repressione adeguate sono indispensabili per il contrasto alla pirateria stradale ed ai comportamenti criminali ed irresponsabili degli automobilisti, ma per loro stessa definizione non si occupano della prevenzione, se non come forma di deterrente per una percentuale di cittadini informati sui rischi che corrono.
Per questo motivo sono convinto che parallelamente lo Stato dovrà continuare a portare avanti azioni di formazione ed informazione sulla sicurezza stradale oltre che investire risorse adeguate su maggiori controlli e sulla manutenzione ordinaria e straordinaria delle nostre strade. Settori dove questo governo – grazie anche l’azione puntuale del Ministro Delrio – sta già riportando importanti risultati.
Attraverso questa norma diventeranno però sempre meno probabili episodi come quello avvenuto il 24 marzo 2010 quando la Cassazione ha confermato la riduzione della pena da 10 a 5 anni di reclusione per un giovane romano che, alla guida di un’auto nonostante la patente sospesa, uccise due turiste irlandesi ad un semaforo rosso, scappando subito dopo.
Una situazione di assoluta anomalia, quella di considerare colposo un omicidio commesso da una persona che, al volante, guidava nonostante gli fosse stata ritirata la patente, che aveva bevuto alcolici o assunto droghe prima di mettersi al volante, che in quella condotta aveva ripetutamente violato il codice della strada, che era passato col rosso e che, a coronamento della serie di trasgressioni da lui commesse, ha omesso di soccorrere le sue vittime.
Una situazione comparabile a tanti altri episodi di cronaca che si sono succeduti nel ultimi anni e che sono difficili da comprendere per qualsiasi cittadino, figuriamoci per i parenti o i genitori delle vittime.
Non voglio inoltre peccare di presunzione e condivido in parte l’opinione che probabilmente, come tutte le norme, anche questa sia migliorabile. Sono però persuaso del fatto che il legislatore – ovvero questo Parlamento – abbia il compito di fare chiarezza anche dal punto di vista dell’interpretazione non solo perché esplicitamente richiesto dalla società civile e dalle tantissime associazioni che operano nell’ambito della sicurezza stradale, ma anche per il valore simbolico e pedagogico che avrebbe l’introduzione della fattispecie dell’omicidio stradale.
Una necessità che questa norma soddisfa e che i dati allarmanti che ho esplicitato in precedenza evidentemente richiedono.
Non si tratta di accanimento o di esagerazione della pena, ma di un passo importante verso una società più “civile” e consapevole dei rischi e delle responsabilità che si hanno alla guida di mezzi di trasporto che possono trasformarsi facilmente in un’arma mortale per se stessi e per gli altri se non utilizzati con coscienza.
Dobbiamo tornare a mettere la tematica della sicurezza stradale al centro del dibattito pubblico e dell’agenda politica del nostro Paese. Di questo ne sono assolutamente convinto.
Non possiamo rassegnarci alla gravità dei dati e considerarli una tragedia inevitabile.
Questa norma ci aiuta a fare un passo in avanti verso la direzione giusta per le ragioni che ho appena cercato di spiegare e per questo motivo spero raggiunga il consenso più ampio e trasversale in aula nei prossimi giorni.
Grazie.