Nella scelta del nuovo presidente della Repubblica bisogna coinvolgere i gruppi parlamentari, occorre allargare la platea decisionale, si deve persuadere uno per uno ciascun singolo grande elettore della giustezza di questo o di quel nome. Questo ritornello viene ripetuto, con sempre maggior veemenza, come un mantra da alcuni colleghi parlamentari, come fosse un dato imprescindibile, un principio cardine irrinunciabile nella partita per il Quirinale. Io credo che, per dirla con il rag. Ugo Fantozzi, questo modo di argomentare sia una “boiata pazzesca”. Infatti, con tutto il rispetto per i sostenitori della “centralità dei gruppi parlamentari”, mi sembra evidente che se esiste un modo certo per andare a sbattere in questa vicenda è proprio quello di scatenare, senza rete, le aspirazioni dei singoli grandi elettori. Dio ci scampi. Non se ne uscirebbe vivi.
Vorrei essere chiaro: non dico tutto ciò per sfiducia nelle capacità politiche dei tanti colleghi che, come me, compongono le amplissime schiere dei peones, della truppa parlamentare. Non si tratta di questo, ovviamente. Semmai vorrei ribadire che, se crediamo nella funzione dei partiti in un sistema democratico maturo, allora dobbiamo necessariamente essere conseguenti.